Dopo aver parlato analiticamente del Passaggio Generazionale, della sua ineluttabilità, degli attori coinvolti, delle sue varie tipologie e casistiche, inizio la seconda delle quattro parti di questo lavoro dal titolo:
“La gestione del patrimonio e della governance”.
Cominciamo a parlare dell’oggetto del Passaggio Generazionale, il Patrimonio (con la P maiuscola) inteso in senso lato, provando a dargli prima una definizione più generale e poi spacchettarlo in quattro macro-tipologie che ritengo le più significative.
Il concetto di patrimonio è molto ampio e dentro ci sta tutto ciò che una persona e una famiglia hanno accumulato nel corso della propria vita, grazie al lavoro, all’esperienza, alla disciplina, alle relazioni, agli errori.
Lo compongono beni che si possono vedere e toccare (tangibili) e valori che si è scelto di perseguire, emozioni che sentiamo e sogni che vogliamo realizzare (intangibili).
Ecco che oltre alle solite componenti di un patrimonio ce ne sono altre meno menzionate, meno inflazionate, a cui è difficile dare un valore monetario ma di cui non possiamo fare a meno
Nel nostro percorso ci occupiamo di Passaggio Generazionale di aziende, società, studi professionali e quindi declinandola in tale ambito un Patrimonio può essere anche economico, intellettuale, morale, informativo.
PATRIMONIO ECONOMICO
Il concetto economico di patrimonio è definito come “la ricchezza misurabile in termini monetari che un soggetto possiede in un dato istante”.
E che può sempre toccare con mano.
Dal punto di vista qualitativo comprende fabbricati, macchinari, merci, attrezzature; per ciò che concerne quello quantitativo è la somma dei valori monetari attribuito a ciascuno.
È mutevole, può assumere proporzioni diverse, aumentando o diminuendo a seconda della combinazione di fattori che influenzano il contesto in cui l’azienda opera. Il patrimonio aziendale è l’insieme dei beni economici a disposizione dell’azienda per produrre reddito e creare valore, tenuto conto anche delle obbligazioni assunte verso terzi. Viene rappresentato in un prospetto denominato Stato patrimoniale diviso in due sezioni: quella di sinistra che rappresenta le attività dove sono elencati gli impieghi; nella sezione di destra che rappresenta le passività sono elencate le fonti di finanziamento.
La differenza algebrica fra le attività e le passività rappresenta il Patrimonio netto, ovvero l’insieme delle risorse di cui l’azienda dispone come forma di finanziamento interno.
Viene anche chiamato capitale proprio o mezzi propri.
PATRIMONIO INTELLETTUALE
È uno dei patrimoni intangibili e mi piace descriverlo con la definizione che ha dato JEREMY RIFKIN economista, sociologo e magnate statunitense:
“È il capitale intellettuale la forza dominante, l’elemento più ambito della nuova era. Nella new economy sono le idee, i concetti, le immagini – non le cose – i componenti fondanti del valore.”
Mi vien da dire che un’organizzazione che non gestisce sapere non sa badare ai propri affari. Il capitale intellettuale include le capacità, l’istruzione, l’esperienza, i valori e le abilità sociali.
Le competenze non possono essere di proprietà di nessuno al di fuori della persona che le possiede e le stesse diventano strategiche per un’azienda.
Gli esperti di risorse umane seguono sempre più corsi dedicati alla leadership empatica e alle soft-skills psicologiche per difendersi dall’invasione dell’intelligenza artificiale. E proprio in quella direzione dobbiamo andare!
Se i robot e i cobot possono già fare quello che fa l’uomo, l’uomo deve saper fare quello che il robot non sa fare.
Capire, comprendere, sentire, condividere, intuire le motivazioni: sono queste le risorse più importanti per mantenere ed accrescere un patrimonio qualunque sia la sua tipologia.
PATRIMONIO MORALE
Può il senso morale condizionare il capitale?
Detto in un altro modo: il profitto può essere il frutto dell’etica e non lo sfruttamento della società e delle sue componenti?
Sostituirei il “può” con il “deve”: affinché il senso morale vada ad influenzare i comportamenti delle persone capitaliste, intese come generatori di capitale o meglio di un capitale morale. Quelle persone che si basano su un’etica, su un modo di pensare ispirato a valori giusti.
L’etica è quel patrimonio morale che sta alla base di una qualsiasi azione che si voglia compiere, che la rende appagante, le conferisce un valore e le regala un profumo inebriante.
L’importanza dell’etica è duplice: accrescere la persona e trasformare il profitto da un mero risultato economico ad un valore di utilità sociale.
Sarà sempre più richiesto di produrre ricchezza lealmente ed in modo sostenibile e questo lo si potrà fare solo se si dispone di quel patrimonio morale.
È ormai superata l’idea machiavelliana del “fine che giustifica i mezzi” e l’etica deve andare a braccetto con la finanza, gli investimenti, i comportamenti, la vision, i valori.
Una persona, un’azienda o un’organizzazione non possono prescindere da un patrimonio morale che diventi la loro stella polare. Etica ed economia devono viaggiare in armonia, e per questo le imprese devono redigere un loro Codice Etico, ossia un documento in cui sono ben elencate le norme sociali, i principi morali che ne ispirano l’azione dopo averne condizionato la vision e la mission.
Che deve essere sempre più “sostenibile”.
Per avere un successo duraturo le aziende sono obbligate ad integrare la sostenibilità con le proprie strategie e le proprie attività, non solo riferita all’ambiente e a tutto ciò che riguarda l’ecologia ma una sostenibilità di sistema.
La sostenibilità rappresenta l’innovazione, e questa la si raggiunge attraverso la migliore gestione dei capitali intangibili, che costituiscono il suo patrimonio morale.
PATRIMONIO INFORMATIVO
Un altro patrimonio in possesso delle aziende sono i dati che queste acquisiscono, gestiscono e custodiscono ogni giorno. Non macchine, dunque, né attrezzature o uffici di rappresentanza, ma qualcosa di apparentemente molto più intangibile: le informazioni.
In questo tipo di economia, basata su innovazione, velocità, globalizzazione e conoscenza, il “capitale intellettuale” è diventato la materia prima più preziosa di un’organizzazione: un capitale umano, organizzativo e relazionale costituito da conoscenze, dati e informazioni la cui aggregazione, analisi e interpretazione permettono alle aziende di perseguire la loro mission differenziandosi sul mercato.
Naturalmente, il patrimonio informativo aziendale è un coacervo di informazioni assolutamente eterogenee: quando si parla di patrimonio informativo aziendale non bisogna pensare solo a dati espliciti, a quelle informazioni strutturate in data base oppure a procedure, policy, contratti, piani, progetti, software, cioè informazioni facilmente individuabili perché contenute in un supporto, fisico o digitale che sia.
Ma dobbiamo pensare anche alle conoscenze implicite, che spesso non sono neppure visibili all’organizzazione: per esempio le competenze e l’esperienza specifica acquisite dai dipendenti nello svolgimento quotidiano dell’attività lavorativa sull’operatività di macchinari e impianti o sull’esatto dosaggio delle componenti di un prodotto.
Possiamo avere quindi dati generati dalle persone fra cui quelli esterni provenienti da social network o da siti di e-commerce o generati dalle macchine come quelli provenienti da strumenti di misurazione, dai device di lettura di codici a barre, dai sistemi analoghi utilizzati dalle aziende di logistica o ai dati di log di web server o router Tutti questi dati aziendali devono essere poi trasformati in informazioni, tramite sistemi di business intelligence aziendali affinché diventino la base sulla quale prendere decisioni strategiche che coinvolgono l’intera azienda. Sono fondamentali per ridisegnare i modelli di business e rendersi imprese future-ready.
Il cambio di paradigma, necessario per rilanciare la competitività del sistema imprenditoriale italiano, richiede che le imprese si incamminino lungo una serie di traiettorie di intervento strategico sui loro modelli di business. A patto di avere la consapevolezza di possedere e sfruttare questo Patrimonio.
Nel prossimo articolo parlerò degli “Strumenti di valorizzazione dei diversi tipi di patrimonio in studio e in azienda”.