Nel precedente articolo abbiamo parlato del Patrimonio aziendale, in particolare di quello economico, intellettuale, morale ed informativo (leggi anche “Diversi tipi di patrimonio: economico, intellettuale, morale, informativo“).
Il patrimonio aziendale garantisce identità e competitività, aumenta la referenzialità, e permette all’impresa di distinguersi sul mercato.
IL VERO PATRIMONIO
Il valore di un’impresa oggi non è più generato solo dalla sua struttura, dalla sua tecnologia e produttività, masi identifica sempre più nella conoscenza individuale e aziendale interconnesse nel tempo.
Le competenze interne all’azienda e il suo know how sono patrimonio unico e distintivo, così come il capitale umano è ciò che garantisce competitività e continuità all’azienda.
L’azienda vale anche per quello che sarà in futuro e non solo per il suo potenziale di oggi.
Il “patrimonio” permette all’azienda o allo studio professionale di essere “impresa” e di portare loro un vantaggio più o meno grande a seconda di come si riesce a valorizzarlo.
La sua valorizzazione permette di comunicare il proprio potenziale, e dal lato tecnico, di accrescere il capitale netto, di migliorare il rating bancario e abbassare il profilo di rischio.
COME VALORIZZARLO?
Facciamoci questa domanda: come possiamo valorizzare questo patrimonio?
Partiamo da un punto incontrovertibile: non si può migliorare ciò che non si conosce; a ciò possiamo anche aggiungere che non si può migliorare ciò che non si può misurare. Quindi, il primo passo, deve essere la mappatura del patrimonio aziendale e di studio.
La conoscenza è prodromica alle scelte, che per un imprenditore sono pane quotidiano.
Dobbiamo partire da ciò che siamo, da ciò che abbiamo, dal contesto in cui ci troviamo per decidere come consolidare, integrare, migliorare e cambiare per il futuro.
Il futuro si può costruire intenzionalmente solo se prima vive nella nostra testa, cioè siamo capaci di immaginarlo, per poi poterlo realizzare.
Per valorizzare il nostro patrimonio aziendale, inoltre, serve coraggio, curiosità, passione, amore per ciò che si fa e soprattutto avere una mente aperta. Oggi per gestire l’azienda non servono solo i macchinari, il progetto imprenditoriale, gli stakeholders, ma ci vogliono competenze specialistiche, bisogna essere tecnologici, digitalizzare i processi, avere velocità di pensiero e d’azione, avere a cuore il benessere dei collaboratori, ottenere il profitto anteponendo l’etica allo sfruttamento delle persone e dell’ambiente.
PARTIRE DALL’INTANGIBILE
Andando nel concreto, l’intelligenza artificiale entrerà in azienda prima di quanto possiamo immaginare, entro pochi anni i cobot, i collaboratori-robot, interagiranno con l’imprenditore, si faranno carico del problem solving.
Ci vuole quindi una nuova mentalità, una nuova organizzazione, una nuova vision!
L’imprenditore deve diventare un visionario, anticipare la concorrenza, pensare in grande, stupire gli altri e anche sé stesso.
Deve essere flessibile, “liquido” per adattarsi al nuovo scenario, avere consapevolezza del proprio compito in ogni momento, non prescindere mai dall’etica e dai suoi valori, creare abbondanza intorno a sè.
Deve indossare un nuovo “vestito”, addirittura cambiarlo più volte al giorno a seconda del contesto in cui è chiamato ad operare o del ruolo da assumere.
In questo modo migliorerà la propria azienda al suo interno e riuscirà a produrre valore per la società e gli stakeholder con cui interagisce.
GLI STRUMENTI
A questo punto qualcuno potrebbe dire che il discorso è bello, condivisibile, ma teorico. In concreto, cosa bisogna fare?
Partiamo dal capitale economico, tangibile, indispensabile per realizzare il prodotto e cominciamo a pensare alla sua innovazione: avere macchinari e strutture tecnologicamente all’avanguardia garantisce un maggior profitto.
Non ci incagliamo nel pensare ai costi di tale innovazione, teniamo a mente sempre una frase di un mio maestro: “guardare solo al costo dell’innovazione vuol dire non guardare al costo che ha non innovare!
Sostituiamo la parola costo con la parola investimento, in modo tale che a livello mentale possiamo spostare il focus dall’oggi al domani, dallo strumento al vantaggio.
E qui si arriva ad un altro fattore determinante da valorizzare: il capitale umano.
Con questo termine intendo le persone che collaborano (sostituiamo il verbo lavorano) al progetto aziendale, dal portiere, al magazziniere, all’operaio specializzato, al dirigente per arrivare al manager e all’amministratore delegato.
Prendiamoci cura del loro benessere al lavoro.
Oggi non è più accettabile che per raggiungere un profitto si possa sacrificare il benessere fisico e psicologico dei collaboratori!
La pandemia ha aiutato molte persone a guardare il lavoro non più come lo scopo principale della giornata, ma come una delle attività da fare nelle 24 ore; in altre parole, si cerca sempre più un bilanciamento tra vita e lavoro e non si è più disposti a vivere solo per lavorare.
IL PROGETTO
La nostra responsabilità è quella di creare un’avventura entusiasmante e sicura per le persone che collaborano in azienda, un’avventura a cui valga la pena dedicare la propria vita.
Dobbiamo poi dare un valido motivo al cliente che ci deve scegliere o al fornitore che ci dovrebbe dare la priorità o al mercato per credere nella nostra azienda.
Le nostre azioni e le nostre decisioni devono portare beneficio alla società, essere culturalmente desiderabili, avere un senso etico, essere ecologicamente responsabili, convincenti e trasparenti.
L’azienda deve essere basata su un sistema governato da principi e non più da regole.
I principi abbattono i confini, le regole li definiscono e limitano la possibilità di crescita.
Per ogni collaboratore deve essere previsto un percorso di crescita, fissati degli obiettivi, in modo tale che si senta parte integrante del progetto, e attraverso le competenze via via acquisite possa portare il suo contributo di idee in azienda.
Questo aumenta il coinvolgimento e l’attaccamento all’azienda e rafforza il senso di appartenenza.
L’imprenditore deve costruire un team, prendersene cura, aiutarlo a crescere e celebrare ogni volta i successi raggiunti.
È importante fare riunioni periodiche, sia informative che organizzative o di brainstorming, organizzare uno o due retreat all’anno per trascorrere insieme un week end in cui, accanto a momenti di formazione si possono creare attività ludiche e sportive piuttosto che pranzi, cene o eventi culturali.
DARE UN’IDENTITÀ
L’imprenditore deve creare un brand e sviluppare con cura la propria identità aziendale: è un passo decisivo e irrinunciabile per conquistare la fiducia del proprio pubblico, distinguersi ed emergere con credibilità sul proprio mercato di riferimento.
Costruire una brand identity significa innanzitutto comprendere chi si vuole essere e quali sono i propri obiettivi, per far conoscere il proprio marchio e i propri prodotti raccontando storie, episodi per trasferire contenuti
Le persone amano le storie, si immedesimano e seguono con maggiore facilità il messaggio che vogliamo trasmettergli.
Come dice sempre il mio maestro e amico Mario Alberto Catarozzo, formatore e business coach professionista, “le persone non comprano oggetti ma comprano stati d’animo! Ovvero come quell’oggetto li fa sentire, li fa stare”.
Senza questi elementi, il processo di acquisto può essere compromesso e guadagnare l’attenzione e la fiducia dei consumatori risulterà difficile.
IL PATRIMONIO DI CONOSCENZE
Un altro aspetto determinante è capire come in questo tipo di economia, basata su innovazione, velocità, globalizzazione e conoscenza, il sapere, il ”capitale intellettuale”, sia diventato la materia prima più preziosa di un’organizzazione: conoscenze, dati e informazioni da aggregare, analizzare e interpretare permette alle aziende di perseguire i propri obiettivi e di produrre valore, costruendo la loro differenziazione sul mercato.
Le organizzazioni devono progettare e realizzare un processo di digital intelligence che si compone di consapevolezza, controllo e protezione delle informazioni che hanno a disposizione.
Un’azienda ha numerose informazioni a disposizione, ma deve sapere quali sono effettivamente utili, e poi valorizzarle e proteggerle.
Questo ci permette di mettere in atto azioni e misure concrete più adatte per una gestione ottimale dello specifico patrimonio informativo, in un’ottica di sviluppo del suo potenziale.
DIGITALIZZARE
Anche da questo non si può prescindere,
È un’opportunità per valorizzare l’eredità aziendale, per migliorare il lavoro quotidiano dell’impresa, rendendo agevole la fruizione dei documenti.
Il proprio passato si trasforma anche in un serbatoio accessibile di conoscenze a cui attingere per la ricerca e lo sviluppo di strategie aziendali e di nuovi prodotti.
Creare un progetto di digitalizzazione degli archivi e del proprio patrimonio storico offre due opportunità.
Da un lato trasforma l’archivio fisico in un asset digitale per l’azienda, che diventa strumento di ricerca e sviluppo e di promozione.
Dall’altro l’archivio digitalizzato e i suoi contenuti disponibili in rete offrono un patrimonio culturale a beneficio di tutti e permettono all’azienda di portare avanti politiche di responsabilità sociale e di sostenibilità.
In conclusione, non dobbiamo solo essere bravi, ma dobbiamo “monetizzare” le nostre qualità utilizzando tutti questi strumenti che il progresso e la nuova cultura aziendale ci mettono a disposizione.
Come ci insegna il coaching, dobbiamo agire, fare, mettere in pratica.
Nel prossimo articolo parlerò della “Gestione del patrimonio e dell’assetto proprietario dell’impresa”